Ritengo che lo scopo di ogni attivista dovrebbe essere lavorare duramente per aggregare consapevolezza e consenso sui temi più importanti e fare rete, facendo capire alla gente e alle forze in campo quale sia la strada giusta da seguire. Far dialogare chi non si parla più, indurre il dibattito dove non c'é, aprire porte chiuse o che terzi vorrebbero chiudere. E creare nuove sinergie che l'attuale clima generalizzato di radicalizzazione delle posizioni e chiusura preclude.
La massa critica contro l'ordoliberismo, il lobbysmo e contro l'apologia del vincolo esterno é ben lontana dall'essere raggiunta, e a mio modo di vedere un dibattito che partisse in una CGIL o in un PD, da altri apostrofati come "collaborazionisti da distruggere", sarebbero una vittoria. Ma perché ciò avvenga occorre parlare, non liquidare o accusare o insultare. Anche se ne avremmo tanta voglia. Io per primo.

mercoledì 4 dicembre 2013

Brucia, Portogallo, brucia!

#PUD€: Brucia, Portogallo, brucia!
Buona sera e buona battaglia per la sovranità a tutti.

In primis vi invito a verificare i due addendum in coda al mio ultimo post. C'é letteralmente materiale per farvi ribollire il sangue. Per chi non avesse tempo, ricopio qui.

ADDENDUM del 4/12: tra le altre conseguenze dello scempio della trasformazione della Banca d'Italia in public company, peraltro INCOSTITUZIONALE come ci fa notare 48, potrebbe esserci anche la "privatizzazione" indesiderabile della nostra riserva aurea, ora proprietà della Banca stessa. Ciò risulterebbe cosa "di una gravità ordinamentale senza precedenti nella storia delle democrazie contemporanee".

SECONDO ADDENDUM del 4/12: puntuale come  la morte, arriva la presa di posizione del nostro cosiddetto governo. A sua detta, non sussistono eccezioni alcune di costituzionalità nel provvedimento, che é "perfettamente in linea con i trattati europei". Ogni commento é superfluo.

Poi, sono inciampato in questo post di Orizzonte 48 che merita riblogging istantaneo. Persino nell'ambiente non ancora schierato nella lotta per la riconquista di sovranità e democrazia costituzionale, si é fatto un gran parlare della discesa negli inferi greca, anche su media mainstream euroliberisti. MOLTO meno si é detto sul Portogallo. Ma come ci ha ben spiegato il prof. Joao Ferreira do Amaral al convegno di a/simmetrie, gli amici portoghesi han poco da stare allegri, perché si trovano solo un passo dietro alla Grecia come distruzione del proprio stato e del proprio tessuto sociale, e sono già nella posizione di essere ricattabili. Ergo, impossibile per loro uscire dall'euro senza un aiuto esterno. Che auspico arrivi da noi. Con tutto il rispetto per la Le Pen, non la vedo molto propensa ad aiuti esteri :)

Godetevi, si fa per dire, la loro discesa negli inferi, con una menzione particolare all'inutilità delle prese di posizione della loro Corte Costituzionale contro i memorandum UE. E poi sappiate che avverrà anche da noi.

STORIA DI UNA "CRESCITA" STAGIONALE PRIMA DELL'INVERNO SENZA FINE: IL CASO PORTOGHESE (soltanto?)

Pubblichiamo questo bellissmo post di Riccardo Seremedi sulla "zattera di pietra". Mi scuso con l'autore se non tutti i links sono al "posto giusto", ma problemi tecnici che...lui sa...
Nello stile di Riccardo, trovate una mole impressionante di notizie documentate: ma è il quadro che ne discende il dato più raggelante.
Come per la Grecia e per l'Italia, l'interrogativo di fondo è: "perchè li votate?".
The answer is blowing in the wind; un vento che nasce dalla ciclonica perturbazione mediatico-liberista dei nostri tempi e dalla mancanza di una qualsiasi chance, finora, per una formazione di pensiero ed una rappresentanza politica che denunci il disegno restauratore del "capitalismo sfrenato" e rivendichi i valori della democrazia costituzionale come inviolabili.
Lasciando al più il peso di una episodica e non complessiva "resistenza", alle pronunce della Corte costituzionale. Solitaria "isola di pietra" sotto gli attacchi di istituzioni interne, europee e "finanziarie" tout-court
.

IL PRINCIPIO DELL’INCERTEZZA

In un paesino sui Pirenei Orientali, al confine franco-spagnolo, si verifica un evento incredibile: per cause ignote la terra comincia a spaccarsi fino a provocare una frattura che conduce alla separazione della Penisola Iberica dal corpo dell’Europa, lasciando fluttuare la neo Isola di Hispania verso l’Oceano Atlantico alla ricerca della propria identità; una nuova Itaca, l’Isola come metafora, tòpos poetico che esprime il percorso esistenziale di chi afferma la propria specificità, il Viaggio inteso come doloroso distacco causato da circostanze esogene, l’Isola come punto di partenza verso una Terra Promessa. “La Zattera di Pietra” (A jangada de pedra) è uno dei più famosi romanzi di Josè Saramago – premio Nobel per la Letteratura 1998 – che lo scrittore portoghese pubblicò nel 1986, all’indomani dell’ingresso del Portogallo nella Comunità Europea. Con una narrazione ricca di metafore e allegorie, lo scrittore lusitano rivendicava le peculiarità storico-culturali della penisola iberica contrapposte al Pensiero Unico che si andava delineando in seno ai nascenti organismi tecnocratici comunitari, in cui il valore economico era ed è l’unica discriminante tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Saramago, come del resto Fernando Pessoa, credeva in un’unione – soprattutto su base culturale – con la Spagna, l’Iberismo in contrapposizione al Liberismo; con notevole lungimiranza egli temeva il Mercato Comune, con il Portogallo e la Spagna che avrebbero pagato cara la loro entrata nella CEE: “Io non parlo contro l’Europa, parlo in rapporto, ai margini dell’Europa.[…] Ma ho anche ben chiaro che per ora l’Europa è solo un’astrazione, o una mistificazione: ci vogliono riempire la testa di luoghi comuni per nascondere il fatto sostanziale che la Comunità è stata creata da e in funzione dei paesi più ricchi. Mi sento manipolato. Non mi pare che questa sia la strada del Portogallo”.
Tacciato sicuramente di misoneismo, Saramago stigmatizzava il proto-vincolismo lusitano: “[…] Invece, come tutti sanno, le differenze tra i paesi del nord e quelli iberici sono enormi, l’Europa delle disuguaglianze. Si è tentato, qui in Portogallo di risolvere gli immensi a volte tragici problemi scaricandoli all’esterno, beandosi della parola “europei”, come se questa da sola potesse risolvere tutto.[…]. Suona familiare, vero?
“Ce lo chiede l’Europa!”
Ne “La Zattera di Pietra” , lo scrittore di Azinhaga mette alla berlina proprio i governanti con i loro proclami vanagloriosi e l’ex premier Josè Socrates può entrare a buon diritto in questa categoria. Personaggio controverso, spesso al centro di scandali come l’affaire “Freeport” ( dal Freeport Retail Outlet, centro commerciale britannico, edificato ad Alcochete vicino Lisbona in una zona naturalistica protetta, quando Socrates era Ministro dell’Ambiente) o le indebite pressioni per silenziare voci scomode, il 55enne leader socialista passerà alla Storia per essere stato colui che – dopo la Rivoluzione dei Garofani del 1974 – ha “riportato” la dittatura in Portogallo, sia pure sotto mentite spoglie.
Le difficoltà dell’esecutivo nell’approvare il programma di riduzione del deficit causate dal malcontento dilagante, la prospettiva di elezioni anticipate e il declassamento dei bond portoghesi da parte di Moody’s hanno portato, nel marzo 2011, i tassi d’interesse alle stelle.
Sono seguite settimane convulse che hanno avuto l’epilogo nelle dimissioni del premier il 23 marzo, dopo che il suo quarto piano di austerità in un anno era stato respinto in Parlamento.
Alla fine, dopo l’Irlanda e la Grecia, anche il Portogallo ha dovuto alzare bandiera bianca e chiedere formalmente l’intervento di Bruxelles, con il consueto corollario di austerity, privatizzazioni e quant’altro. L’incertezza economica ha portato molte aziende portoghesi a delocalizzare, come il gruppo Jeronimo Martins – holding che controlla, tra gli altri, anche la catena di supermercati Pingo Doce – che ha trasferito parte del capitale sociale nei Paesi Bassi, principalmente per il vantaggioso trattamento fiscale, causando vibranti proteste in madrepatria per una scelta che assomiglia molto a una pugnalata alla schiena.
Un mese dopo le dimissioni di Socrates, la richiesta di aiuto si è concretizzata in un bailout di 78 miliardi di euro erogato in più tranche, capitale ricevuto con un interesse del 4%.
Una delle clausole nel “contratto” prevede ispezioni a intervalli regolari per controllare i libri contabili del Paese; mentre una squadra di giovani tecnici armata di computer portatili è intenta a spigolare in documenti, cifre e scadenze, tre alti funzionari agiscono a livello politico: Abebe Selassie (FMI), Jurgen Kroger (CE) e Rasmus Ruffer (BCE).
Nel frattempo, a giugno 2011, si sono tenute le elezioni anticipate per dare un governo al Paese; il partito socialdemocratico (PSD) del nuovo premier Pedro Passos Coelho ha ottenuto il 38,6% e il suo alleato CDS-PP di Paulo Portas l’11,7%: il neo-premier ha subito “zufolato” il consueto refrain di “rispettare gli impegni presi con UE e FMI” e di “ripristinare la fiducia dei mercati e il prestigio del Portogallo”.
Da segnalare il livello di astensionismo che ha toccato il massimo storico, il 41,1% degli oltre 9,6 milioni di aventi diritto al voto. Quello di Coelho è il più giovane e il più piccolo governo portoghese dalla Rivoluzione dei Garofani.
Quattro degli undici ministeri sono stati assegnati a tecnici, tra cui il titolare delle Finanze, Vitor Gaspar.
Ex direttore generale della Ricerca alla BCE per sei anni, Gaspar è un convinto assertore dell’austerità ed è stato lodato pubblicamente per le riforme effettuate; dello zelante e levantino tecnocrate ci piace ricordare il colloquio con Schauble a Bruxelles durante la riunione dei Ministri delle Finanze europei, “catturato” dalla troupe televisiva portoghese TVi24 che ce lo mostra ossequioso e assenziente come uno scolaretto.
Erano in pochi a pensare che passando da Socrates a Passos Coelho le cose sarebbero cambiate.
Una delle prime “riforme strutturali”” implementate dal nuovo esecutivo è stato il ricorso alla nazionalizzazione di fondi pensionistici delle banche, una bazzecola pari a 6 miliardi di euro (circa il 3,5% del PIL); successivamente si è passati al “programma Von Hayek”, quello “one size, fits all”: riduzione del personale della Pubblica Amministrazione; aumento dell’età pensionabile; diminuzione del numero e dell’ammontare degli ammortizzatori sociali, quali sussidi alla disoccupazione, assegni di mantenimento per categorie socialmente disagiate.
Dulcis in fundo, aumento della pressione fiscale, aumento aliquota IVA in servizi essenziali come acqua e gas, aumento delle accise sulla benzina (che ha raggiunto il prezzo record di 1,8 euro al litro) e aumento delle tariffe dei servizi pubblici.
La garrota sociale imposta dal governo sta soffocando letteralmente l’economia nazionale; il Portogallo è il paese più povero dell’Europa occidentale, con un PIL pro capite di 15.500 euro.
Il 22% della popolazione sopravvive con meno di 500 euro al mese, un milione di anziani con una pensione di 280 euro; il quotidiano lisboeta “Publico” ha scritto che “la classe media va alla mensa dei poveri, gente che aveva lavoro, ferie, tv via cavo, internet.”
Il presidente dell’Unione Misericordias, Manuel Lemos, spiega: ”Mangiano girati verso la parete, si vergognano. Chiedono aiuto professori, avvocati, ingegneri, nessuno pensava che potessero un giorno averne bisogno”.
Coloro che in realtà si dovrebbero vergognare sono i politici che – a Lisbona come Atene, a Roma piuttosto che a Madrid – dopo avere salvato le chiappe alle banche (rigorosamente private) pensano bene di dileggiare i loro concittadini - pardon, sudditi – con slogan del tipo “abbassate le vostre aspettative” o “ vivete secondo le vostre possibilità”: della serie cornuti e mazziati.
Un esempio dell’arte di arrangiarsi, in salsa portoghese, ci viene da Porto, dove tre architetti disoccupati hanno deciso di aprire un’anomala agenzia chiamata “ The Worst Tour”; questa inconsueta “agenzia di turismo low-rated” offre ai turisti la possibilità di comprendere come la crisi economica abbia cambiato in modo drammatico la vita delle persone a Porto – essi spiegano: “E’ facile rendersi conto della crisi; la città si sta erodendo in seguito all’austerità, si sta svuotando, povertà ovunque[…] Porto si sta trasformando in una città fantasma, in ogni strada ci sono decine di case vuote con le finestre rotte e il cartello ‘in vendita’ “.
Anche Lisbona sta vivendo un lungo periodo di involuzione urbanistica; secondo gli ultimi dati ufficiali in città si contano 12mila edifici in rovina, su un totale di 55mila, con le famiglie giovani che si spostano in periferia e la capitale che negli ultimi 10 anni ha perso circa 100mila abitanti.
Per contrastare il degrado cittadino Helena Roseta, architetto e urbanista portoghese, ha pensato ad una politica per un alloggio dignitoso; nasce così il progetto Reabilita primeiro, paga depois (ristruttura prima, paga dopo) che, attraverso un opportuno monitoraggio zona per zona, consente di creare delle categorie di famiglie più bisognose per insediarle in un’unità abitativa che si impegnano a ristrutturare con i mezzi a disposizione e a farla propria nel tempo.
Nonostante le difficoltà, Lisbona esercita sempre un notevole fascino sui visitatori assai numerosi, con quella “luce” particolare che la città emana, una felice combinazione data dal riverbero degli azulejos dei palazzi con la calçada portuguesa, la pavimentazione a tessere bianche e nere che ha nei calceteiros i suoi profeti e maestri; un’arte che la crisi sta portando via, con la chiusura della Escola de calceteiros quattro anni fa.
Ad inizio febbraio 2012 i trasporti pubblici urbani si paralizzano per la terza volta da novembre, con sindacati e lavoratori che protestano contro le misure di austerità che prevedono tagli a salari e posti di lavoro nelle imprese di trasporto statali. In un clima da tregenda i cosiddetti “mercati” prezzano il rischio default del Portogallo con un aumento dei CDS, con le banche che esigono che tali contratti vengano regolati in contanti (cosa non usuale) e provocando l’ennesima spirale di avvitamento del debito.

Ed ecco che, tomo tomo, cacchio cacchio, arriva il Dr. Troika per la terza visita al “paziente modello”; la relazione che ne consegue è giudicata “soddisfacente”, dimostrando un certo compiacimento per “l’impegno politico a sostegno della stabilità del sistema finanziario”, con “le riforme dei mercati del lavoro e dei prodotti che stanno segnando dei progressi”.
Le condizionalità che seguono, precedute dal sintagma “Il Portogallo adotta…”, sono la Summa della cancrena antidemocratica che corrompe la nostra Società; questi per sommi capi i punti salienti:

B) Il Portogallo mira a una riduzione delle spese nel 2012 di almeno 6,8 miliardi di euro, comprendente la riduzione dei dipendenti e degli stipendi del settore pubblico, tagli alle pensioni, una riorganizzazione globale dell’amministrazione, la riduzione dei trasferimenti a imprese di proprietà pubblica, la riduzione dei comuni e dei distretti, tagli nei settori dell’istruzione e della sanità.[…].
C) Sul lato delle entrate il Portogallo attiva misure per un importo pari a circa 3 miliardi di euro, tra cui l’allargamento delle basi per l’IVA tramite la riduzione delle esenzioni e il rimaneggiamento degli elenchi dei prodotti e dei servizi soggetti ad aliquote ridotte, intermedie e superiori; un aumento delle accise[…].
I) Il Portogallo continua ad attuare il programma di privatizzazioni[…], avviando la privatizzazione del ramo merci di Comboios de Portugal (settore ferroviario), Correios de Portugal (servizio postale) e della gestione dei rifiuti. Si prepara una strategia per Parpublica, considerando la possibilità di smantellarla o di integrarla nel settore pubblico.
J) Il Portogallo applica la legislazione volta a riformare il sistema dell’assicurazione, tra l’altro riducendo la durata massima dei sussidi di disoccupazione[…].
M) Il Portogallo promuove un andamento dei salari coerente con gli obiettivi di promuovere la creazione di posti di lavoro e migliorare la competitività delle imprese al fine di correggere gli squilibri macroeconomici. Nel corso del programma i salari minimi sono aumentati solo se gli sviluppi della situazione economica e del mercato del lavoro lo giustificano. Q) Il Portogallo prosegue l’apertura dell’economia alla concorrenza. Il governo portoghese adotta le misure necessarie per garantire che i suoi interventi non creino ostacoli alla libera circolazione dei capitali e, in particolare, che lo Stato portoghese o altri organismi pubblici non concludano, in veste di azionisti, accordi suscettibili di ostacolare la libera circolazione dei capitali o di influenzarne il controllo sulla gestione delle imprese[…].
Il papello è un esaustivo compendio sui modi “pacifici” di conquistare e soggiogare una nazione sovrana, assoggettandola ai capricci di multinazionali e affini, con la notevole contradictio in adiecto - stile “austerità espansiva” – al punto M: come si può creare occupazione correggendo nel contempo gli squilibri di parte corrente, quando in regime gold standard tali squilibri si temperano solo abbassando i salari?
Evidentemente non si può, quindi si deflaziona (guai a dirlo esplicitamente) e si gioca tutti a chi è più bravo ad esportare, con disoccupazione in doppia cifra e salari ridicoli.
E’ supremamente interessante anche la parte relativa alle privatizzazioni, quando nel finale del punto I si accenna a Parpublica.
Parpublica – Participaçoes Publicas SGPS SA è una società di gestione delle partecipazioni a pieno controllo statale, il cui scopo è la valorizzazione delle controllate e la gestione – tramite holding associate – del patrimonio immobiliare dello Stato portoghese.
Tra i numerosi asset vanta la compagnia aerea di bandiera TAP Portugal; ANA – Aeroports de Portugal; la Companhia das Lezirias, azienda agricolo-forestale pubblica composta da 48.000 ettari di terreno tra il fiume Tago e il fiume Sado, dove si produce vino, sughero ecc.; varie società di gestioni immobiliari e Aguas de Portugal: proprio l’acqua è una delle risorse che la Commissione Europea preme per fare privatizzare.
A novembre 2012 la Merkel, ripetendo la simpatica consuetudine di Schauble di recarsi nei possedimenti alemanni d’oltre Reno, ha fatto tappa proprio in Portogallo, dove in una Lisbona listata a lutto centinaia di migliaia di persone le hanno urlato con veemenza il loro disgusto; con un opportunismo vomitevole, la Cancelliera è infatti arrivata scortata da un nutrito gruppo di imprenditori tedeschi, nei cui investimenti sembra sperare il governo portoghese.
Famosa anche a Lisbona per la sua avvenenza, la Merkel ha ricevuto tanti attestati di simpatia; è particolarmente gustoso il murales in cui il premier Coelho, in atteggiamento servile, le bacia il dereTaunus, con il titolo evocativo Esto beijo deixa-nos tesos (Questo bacio ci lascia senza un soldo).
Alcuni giorni prima, 100 intellettuali e artisti di sinistra avevano pubblicato in Rete una lettera aperta in cui la Merkel veniva definita “persona non grata in territorio portoghese perché pretende chiaramente di interferire con le decisioni dello Stato,senza essere stata nominata dalle persone che qui vivono”; tutto ciò è giusto e sacrosanto ma… “Il programma è applicato dal Portogallo in maniera eccellente, si tratta di un grande risultato”, “sostiene Merkel” e fine delle trasmissioni.
Anche il 2013 è iniziato come era finito l’anno precedente; Pedro Passos Coelho e il suo sodale Gaspar, più realisti del re, stanno tagliando e privatizzando a più non posso.
“Forti” della drastica riduzione del deficit pubblico (come già detto, più per la nazionalizzazione dei fondi pensione) passato dal 6,7% del 2011 al 5,6% di fine 2012 – dopo avere vendute le due società elettriche REN (Red Electrica National) e EDP (Electricidade de Portugal) a investitori cinesi per 3,3 miliardi di euro, l’operatore aeroportuale ANA alla francese VINCI per 3,08 miliardi di euro e, in attesa di cedere la compagnia aerea TAP e la radiotelevisione pubblica, sono stati messi in vendita anche i cantieri navali di Viana do Castelo.
Creati nel 1944 e nazionalizzati nel 1975, poco dopo la morte di Salazar, negli anni ’90 arrivarono ad impiegare fino a 2.800 dipendenti; nel 2012, dopo l’avvicendamento di potenziali acquirenti cinesi e brasiliani, sembrava che il gruppo russo RSI del magnate Andreij Kissilov si fosse aggiudicato il complesso industriale per 10 milioni di euro.
Tutto però si è bloccato per una procedura di infrazione aperta dalla Commissione Europea che contesta a Lisbona 180 milioni di euro in aiuti di Stato, tra il 2006 e il 2010, e non notificati a Bruxelles; questo contrattempo ha costretto il governo portoghese ad optare per una concessione amministrativa a lungo termine (2031) e a riformulare un’altra gara pubblica che vede finora sei offerte, tra le quali spiccano l’azienda norvegese Volstad Maritime AS, specializzata nelle costruzioni offshore per l’industria petrolifera e il gigante tedesco Mpc Ferrostaal.
Toh!... ancora i tedeschi, questi incorrotti censori e fustigatori dei comportamenti altrui, da esercitare possibilmente in casa del presunto reprobo (Piller & Gumpel docet).
Se c’è una storia in cui il famoso aforisma andreottiano “del pensar male” calza a pennello, ebbene signori è proprio questa. Tutto nasce nel 2004 quando Josè Durao Barroso contrattualizzò con il consorzio tedesco German Submarine Consortium (GSC), del quale faceva parte la Ferrostaal, l’acquisto di 2 sottomarini da guerra U-214 “Tridente” e “Arpione”.
I due gingili (che invero trascorrono più tempo in riparazione che in mare… affidabilità tedesca!) sono costati circa 700 milioni di euro, da pagarsi a rate fino al 2026 con uno “swap sintetico” (garantito da una banca portoghese e una svizzera), cifra che ha oltrepassato il miliardo con indicizzazioni e “piccoli ritocchi”; la Ferrostaal è, per la cronaca, la stessa l’azienda che nel medesimo periodo ne piazzava altri quattro alla Grecia pagando tangenti all’ex ministro della Difesa del Pasok, Akis Tsochatzopoulos, condannato poche settimane fa a 20 anni di reclusione.
Nonostante la stampa italiana non ne faccia menzione, impegnata com’è nell’esaltazione mistica del superomismo ariano, la vicenda è molto grave e la giustizia tedesca ha condannato ad una multa la Ferrostaal e due ex dirigenti, che hanno patteggiato la pena ammettendo il pagamento di tangenti.
In Portogallo, invece, il processo istruito nel 2006 va per le lunghe; la cosa è comprensibile visto che tutti i protagonisti di allora sono saldamente al comando: JOSE’ BARROSO (allora Primo Ministro) presidente Commissione Europea; PAULO PORTAS (allora Ministro della Difesa) vice-premier Portogallo e ANIBAL CAVACO SILVA attuale Presidente della Repubblica, gran figura del PSD a cui appartengono lo stesso premier Passos Coelho e Barroso, che vanta tante analogie con Nonno Napo, non ultima quella di “blindare” esecutivi graditi all’estero. Lo sviluppo delle indagini ha portato alla ribalta anche una delle maggiori banche lusitane, il BANCO ESPIRITO SANTO che, attraverso la sua controllata Escom, ricevette 30 milioni di euro dal consorzio tedesco per “intermediare” l’affare.
La giustizia, pur tra mille difficoltà (parte del carteggio tra il Ministro della Difesa e il consorzio bancario che ha avallato l’operazione è scomparso) ha indagato tre persone: Helder Bataglia, Luis Horta e Costa e Pedro Ferreira Neto; questo filone processuale si è aperto grazie alle intercettazioni telefoniche relative al processo PORTUCALE(vedi sezione “controversie”) e nei dialoghi tra l’allora presidente di Escom, Horta e Costa, con Paulo Portas e Abel Pinheiro, cassiere del CDS, gli inquirenti hanno trovato prove di accordi e sospettano che i 30 milioni siano, in realtà, una maxi-tangente.
Ecco perché, alla luce di quanto sopra, il destino dei cantieri navali di Viana do Castelo appare virtualmente deciso, con i tedeschi che come al solito non perdono tempo: già ad agosto dello scorso anno, il”Jornal do Negocios” dava notizia della partnership con la Amal, gruppo metalmeccanico detenuto per il 30% dall’Espirito Santo Capital (gruppo finanziario del Banco) per l’ingresso negli Estaleiros di Viana; stessi attori, stesso scenario.
Per l’Alto Minho e i circa 80.000 abitanti di Viana la sorte dei cantieri è essenziale, con la disoccupazione oltre il 50% le prospettive sono assai grame, ma è tutto il Portogallo che s’interroga sul proprio futuro: gli scioperi stanno diventando una costante degli ultimi mesi, come quello imponente del 2 marzo a Lisbona, dove 800mila persone hanno cantato “Grandola, vila morena, la canzone-simbolo della rivoluzione portoghese del 25 aprile 1974.
Con la crisi economica le famiglie a reddito medio/basso hanno perso circa il 27% del potere di acquisto in beni di prima necessità e i drastici tagli alla spesa sanitaria nazionale hanno costretto quasi 89mila pazienti a rivolgersi a strutture private, dirottati dal sistema pubblico reso inefficiente da accorpamenti, reparti chiusi e tempi di attesa raddoppiati; cambiano i Paesi ma l’intento inconfessato è sempre lo stesso: Stato hayekkiano ai minimi termini e sanità a regime prevalentemente privato.
Arriva aprile e accade l’imponderabile: la Corte Costituzionale boccia quattro misure di austerity introdotte nella legge finanziaria 2013, nella quale figuravano il taglio alla 14° mensilità per i dipendenti pubblici e la riduzione delle pensioni sempre nel pubblico impiego – motivando l’iniquità nella distribuzione dei sacrifici.
La decisione della Corte Costituzionale è giunta inaspettata anche a Bruxelles, ma il successivo stizzito comunicato della CE non ha lasciato adito ad alcun dubbio: “Ogni scostamento degli obiettivi del piano di aiuti o la loro rinegoziazione neutralizzerebbe gli sforzi già compiuti dai cittadini portoghesi”.
Allora che si fa? Il 9 aprile, il Ministro delle Finanze Vitor Gaspar fa il de-cretino, cosa che gli riesce assai bene, congelando ogni tipo di spesa ad eccezione di quelle correnti, giudiziarie e per il personale; quindi ispettori che non svolgono il loro lavoro per mancanza di carburante, l’Università di Lisbona che deve bloccare contratti di collaborazione internazionale e ispettori del lavoro obbligati a trasformarsi in colf e a portarsi anche la carta igienica da casa.
Chi può lascia il paese (specie i laureati) verso le ex colonie Brasile e Angola, con quest’ultima che si fa preferire per le molteplici opportunità che offre.
In una sorta di nemesi storica l’ex colonia Angola, oltre ad assorbire mano d’opera qualificata dal Portogallo, sta anche effettuando massicci investimenti in terra portoghese; il paese africano sta vivendo un boom economico senza precedenti, derivato dai proventi dei diamanti e del petrolio, le cui esportazioni hanno garantito 64 miliardi di dollari lo scorso anno e con 30 miliardi di dollari di riserve si è già assicurato quote sostanziali nel Banco Portugues de Investimento e di BIC Portugal, due dei maggiori gruppi bancari portoghesi, della compagnia petrolifera GALP e della piattaforma di telecomunicazioni ZON Multimedia.
Fra i maggiori investitori troviamo la compagnia petrolifera statale SONANGOL e Isabel dos Santos; l’intervento di investitori angolani serve poi alla banche: senza Sonangol, il Banco Comercial Portugues (Millenium BCP, la maggiore banca portoghese) non sarebbe sopravvissuto alla crisi.
Un ottimo reportage di Mediapart ha gettato una luce poco rassicurante sulla provenienza dei soldi angolani; il Portogallo, con l’acqua alla gola, è disposto a tutto pur di attirare investimenti esteri, anche a diventare un centro per il riciclaggio di denaro sporco.
Le commistioni tra l’entourage, assai poco commendevole, del presidente angolano Dos Santos e il sistema politico-finanziario portoghese sono così forti che, più che di intrecci, si può parlare di “configurazioni laocoontiche”; lettura fortemente consigliata qui e qui.
Sembra che la “sopravvivenza” per il Portogallo (come Spagna, Irlanda ecc.) sia legata ai “salvifici” IDE; Passos Coelho e compagnia stanno cercando di attirare investitori stranieri anche nel campo dell’attività estrattiva, sperando nell’incasso del 4% sulle royalties.
In particolare la miniera di Neves-Corvo, circa 100 chilometri a nord di Faro, si trova nella zona occidentale della “Cintura iberica nell’Alentejo”, uno dei più vasti giacimenti al mondo di solfuri massivi di origine vulcanica, ricco di rame e zinco.
La miniera è gestita dalla SOMINCOR, consociata interamente controllata dal gruppo canadese Lundin Mining Corporation, con sede a Toronto e siti estrattivi in Spagna, Svezia e nella Repubblica Democratica del Congo.
L’esecutivo portoghese e il colosso minerario anglo-australiano Rio-Tinto stanno ultimando una concessione sperimentale per lo sfruttamento di giacimenti di ferro nel Nord del paese, per un investimento valutato più di 1 miliardo di euro.
Un consulente minerario al Ministero dell’Economia, Ricardo Pinto, ha dichiarato: “Con la strategia che abbiamo portato avanti per il settore minerario, le risorse del Portogallo e il suo potenziale potrebbe aumentare fino a 2 volte il PIL, vale a dire più di 200 miliardi di euro”.
Peter Rose - analista della banca indipendente londinese Fox-Davies, specializzata in investimenti in risorse naturali – vede nello sfruttamento minerario il ruolo chiave per la ripresa del Portogallo, grazie “alla elevata qualità delle risorse, buone infrastrutture locali e salari modesti”. Un altro sito “papabile” è quello di Panasaqueira, una delle poche miniere di tungsteno operanti fuori dai confini cinesi, con materiale di alta qualità: anche in questo caso l’azienda mineraria è canadese, la Colt Resources, e sta raccogliendo i capitali necessari per avviare un grosso investimento.
L’IDE si subisce, non si chiede: si subisce quando non ho soldi o competenze” disse il prof. Pozzi a Pescara: evidentemente a Lisbona come a Roma (vero Letta?!) queste cose non si sanno o si fa finta di non saperle. Esplode l’estate e con essa il deficit pubblico: a fine giugno l’Istituto nazionale di Statistica lo certifica al 10,6% del PIL nel primo trimestre del 2013, 2,7 punti in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (7,9%), con il valore – in termini congiunturali – più alto di quando il governo di centro-sinistra di Josè Socrates chiese l’intervento della Troika.
Pochi giorni dopo i ministri delle Finanze, Vitor Gaspar, e degli Esteri, Paulo Portas si dimettono provocando un terremoto politico nazionale ed europeo.
Con l’instabilità politica e la situazione economica in caduta libera, i tassi di interesse sui titoli di Stato decennali schizzano oltre i 7 punti percentuali; si verrà a sapere qualche mese dopo che il forte rialzo era stato provocato da vendite di investitori (sarebbe meglio dire banche) tedeschi e britannici per rispettivamente 1,8 miliardi e 450 milioni di euro in bond portoghesi.
A salvare capra e cavoli ci pensa ancora il presidente Cavaco Silva , che con il suo interventismo “napolitanesco” avverte i portoghesi che il Governo è questo, PUNTO; anche i due partiti di governo vengono richiamati all’ordine dagli ukase presidenziali poiché “devono essere sintonizzati in maniera duratura e inequivocabile per portare a compimento fino al giugno 2014 il programma”. Quindi le dimissioni di Portas vengono respinte e anzi viene nominato vice-premier con l’incarico di gestire la politica economica e i rapporti col la Troika, mentre Gaspar è sostituito con la segretaria di Stato, Maria Luis Albuquerque; Gaspar, tecnocrate materiato di dispatia, era il vero Presidente del Consiglio e l’interlocutore privilegiato della Trimurti, l’artefice delle due finanziarie poi bocciate dalla Corte Costituzionale; per questo egli aveva già presentate le dimissioni mesi prima, ma il Paese non se lo poteva permettere.
E così i tycoon e i banchieri lusitani hanno tirato un sospiro di sollievo: “Diario Economico”, il Sole24ORE locale, ne aveva riportato le paturnie qualche settimana prima titolando “Gli imprenditori e i banchieri non vogliono le elezioni anticipate”; è buffo e deprimente constatare come cambiando Paese il “rumore di fondo” rimanga invariabilmente il medesimo.
Nel 2° trimestre di quest’anno, dopo due anni e mezzo di trend negativi, il PIL è cresciuto dell’1,1%, rispetto al -0,4% del trimestre precedente.
L’INE (l’Istituto nazionale di Statistica) ha pubblicato i risultati che attestano una crescita delle esportazioni, tra aprile e giugno, del 6,3% in più rispetto al trimestre precedente.
Il governo ha subito celebrato i dati, non mancando di sottolineare la bontà delle scelte attuate. Peccato che questi risultati siano dovuti alla stagionalità; ad esempio il turismo (molti stranieri hanno scelto l’Algarve per la sua convenienza) e l’aumento del prezzo del petrolio; le esportazioni di carburante sono aumentate del 37%, grazie soprattutto agli investimenti fatti nella raffineria della GALP di Sines.
Anche l’ultimo trimestre “striminzitamente” positivo (+0,2%) sta facendo gongolare i pasdaran dell’austerità espansiva: il guappo dell’FMI per il Portogallo, Subir Lall, ha dichiarato che il Paese deve proseguire nella politica di austerità ed ha espresso il timore che la Corte Costituzionale possa intervenire sulla manovra finanziaria approvata dal Governo, causando un "freno al recupero economico".
Hanno la faccia come il sedere!
Queste Costituzioni così obsolete, piene di inutili orpelli e tutele per questi “meddlesome outsiders”, come ebbe a dire quel galantuomo di Cippa Lippmann.
Joao Galamba, economista e deputato indipendente socialista, ha le idee chiare: “Non ho dubbi che il Portogallo ritornerà in recessione fra poco e là rimarremo per tutto il 2014.[…] Il Portogallo non sarà in grado di finanziarsi quando ritornerà sui mercati se non ha i mezzi di finanziamento europei alle spalle”.
E allora, adiante! Anche per il 2014 la nuova legge di bilancio prevede esuberi, tagli alle pensioni e agli stipendi dei dipendenti pubblici, l’innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni e la settimana lavorativa a 40 ore; così il nuovo Ministro delle Finanze Albuquerque: “Siamo convinti che queste siano le misure giuste. Sono state progettate dopo uno studio molto approfondito (ambarabà-ciccì-coccò…) relativo alla necessità di ridurre, in termini strutturali ,la spesa pubblica.
Continuate a correre dritti verso il burrone, mentre la Troika di Hamelin vi ipnotizza con il suono del suo piffero; del resto quando un “giornale” – in piena Sindrome di Stoccolma – si esprime in questi termini verso gli aguzzini del proprio Paese vuol dire che “l’Euro ve lo meritate”, come chioserebbe il prof. Bagnai.
L’unica a non aver calato ancora le braghe è la Corte Costituzionale che continua a bocciare – la terza in pochi mesi – le misure introdotte dal governo di Passos Coelho; questa volta le “riforme” riguardavano il mercato del lavoro - invalidando due norme che, rendendo più facili i licenziamenti - violavano le leggi portoghesi in materia di “giusta causa”; i rapporti tra il premier e i giudici sono tesi, con Coelho che accusa di remare contro il salvataggio del Paese e creare instabilità politica, senza contare il fastidio della CE per queste continue intromissioni.
Paul Buck in suo libro ha scritto di Lisbona che “non le manca certo la materia della quale sono fatti i sospiri”: chissà se al Padrao dos Descobrimentos, insieme ai Grandi del passato – da Vasco da Gama a Ferdinando Magellano – anche Enrico il Navigatore, ritto sulla prua della caravella, sospirerà guardando meditabondo verso l’Oceano Atlantico alla ricerca della gloria perduta, interrogandosi sul futuro incerto del Portogallo. 
***
Le prospettive sono fosche. Teniamoci cara la nostra Corte Costituzionale, perché é forse l'unico ente che possa ufficialmente prendere posizioni immediate contro il recepimento dei regolamenti europei. Troppo poco e troppo tardi, ma non é affatto un caso che sia stata oggetto recentemente di intimidazione preventiva come quella che traspare da articoli come questo. Infatti, citando 48:

"Instaurata la facciata "etica" della sobrietà-incorruttibilità, che dovrebbe appartenere al solo settore pubblico - dato che i superemolumenti della finanza privata sono "unquestionable", per diritto divino- ogni possibile resistenza di una classe dirigente che non risponda alla capture con totale sollecitudine viene piegata montando la schiera dei livorosi. (grazie Mov5S n.d.M.)
Ovviamente, tutto questo sul presupposto che la spesa pubblica sia improduttiva per definizione e che tagliarla (come appena sentito dire a un piddino in TV) consente la redistribuzione del reddito (diminuito complessivamente per effetto del moltiplicatore), e che ciò, addirittura, sarebbe la condizione della "crescita".
Dunque la sola esistenza di una istituzione che non sia allineata, in questa vulgata liberista-puddina, è un ostacolo alla crescita (v.teoria di Prodi sul Consiglio di Stato, contraddetta da ogni evidenza dei dati sulle cause di outputgap e recessione, ma propugnata come un fatto acquisito dallo stesso Renzi).
"

Ci vediamo in mischia.
Mattia C



3 commenti:

  1. ho messo utile invece di ottimo , perchè lo trovato "livoroso" nel commento finale ;)

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  2. Eeehhh, Albé... al di là del fatto che come ben sai ci sono passato...

    che il fine potesse essere in parte nobile non si discute, ma di una cosa si può certamente ascrivere responsabilità al Mov5s, divisa con certi paladini dell'antisistema di 'staceppa alla Travaglio/Gomez e anche guarda caso con i "giustizialisti" IDV che sono stati esecutori materiali di mani pulite (l'evento giustizialistico-mediatico che ci ha consegnato nelle mani del PUDE): ovvero aver fomentato odio manicheo contro le istituzioni pubbliche e aver spesso fatto apologia della privatizzazione di uno stato sporco, corrotto e ladro.

    Ogni volta che io bastono chi fa di tutta l'erba un fascio, e molti del mov hanno questo difetto, adesso sai anche perché lo faccio. Su TUTTA la retorica sul debito pubblico e sullo smantellamento dello stato, Grillo dovrà assumersi le sue reponsabilità e ammettere di aver sbagliato. Si intende, se vuole salvare la faccia e non essere considerato A BUON DIRITTO l'ennesimo nipotonzo di Hayek.

    Ma io ormai sul Mov ho un'idea ben precisa suffragata dai fatti, e non sta più a me l'onere della prova. Sta al mov l'onere della CONTRO prova. Ma dove il Mov gestisce, "stranamente"accadono cosucce come queste...

    http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/26/parma-pizzarotti-e-la-provincia-verso-la-privatizzazione-del-trasporto-pubblico/791964/

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  3. Io l'ho giudicato "ottimo" e non "utile" appunto in funzione della conclusione. Seppur non con tanta dovizia di particolari, mi ero informata sulla presunta "ripresa" portoghese, ed ho trascorso un'intera mattinata, peraltro inutilmente, a discutere con un amico grillino che invece elogiava le sorti magnifiche e progressive del Portogallo. E' solo colpa della corruzione...la macroeconomia, questa sconosciuta.

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