Ritengo che lo scopo di ogni attivista dovrebbe essere lavorare duramente per aggregare consapevolezza e consenso sui temi più importanti e fare rete, facendo capire alla gente e alle forze in campo quale sia la strada giusta da seguire. Far dialogare chi non si parla più, indurre il dibattito dove non c'é, aprire porte chiuse o che terzi vorrebbero chiudere. E creare nuove sinergie che l'attuale clima generalizzato di radicalizzazione delle posizioni e chiusura preclude.
La massa critica contro l'ordoliberismo, il lobbysmo e contro l'apologia del vincolo esterno é ben lontana dall'essere raggiunta, e a mio modo di vedere un dibattito che partisse in una CGIL o in un PD, da altri apostrofati come "collaborazionisti da distruggere", sarebbero una vittoria. Ma perché ciò avvenga occorre parlare, non liquidare o accusare o insultare. Anche se ne avremmo tanta voglia. Io per primo.

venerdì 6 dicembre 2013

Ancora sulla comunicazione e sul potere della parola. Il COMUNITARISMO.

Nelson "Madiba" Mandela
(Mvezo, 18 luglio 1918 – Johannesburg, 5 dicembre 2013)
Ci hai provato.
Non ci sei riuscito come avresti potuto se la tua gente ti avesse capito davvero.
Ma mi mancherai moltissimo.

Buon giorno e buona battaglia per la sovranità a tutti.
Preparatevi, post abnorme. Ma nel bene o nel male, oggi ne ho per tutti. Anche perché ci ha salutato un'altra figura estremamente positiva nell'immaginario collettivo: Nelson Mandela. Approfondire i pregi e i limiti dell'uomo oggi non mi interessa, perché per quanto la sua lotta contro l'apartheid non abbia avuto l'esito sperato nei fatti, e l'iniquità sociale nella Repubblica Sudafricana sia ancora elevatissima, a chiaro vantaggio della minoranza bianca (da noi invece?), Madiba é stato eroico nell'opporsi sostanzialmente da solo alle profondissime LACERAZIONI del tessuto sociale del suo paese (cosa su cui noi abbiamo solo da imparare, anzi, DOBBIAMO imparare), pagando le sue azioni con la prigione prima e facendosi nemici di questa e quell'altra pelle indistintamente dopo. Nemici che ora si levano tanto di cappello. E questo vorrà pur dire qualcosa, almeno a livello simbolico. 

L'agiografia acritica non giova mai a nessuno, e pertanto non va dimenticata l'influenza del FMI nelle politiche sudafricane (da noi invece?) e le politiche liberiste impiegate talvolta dal governo Mandela su pressioni del FMI stesso (da noi invece?), che sono state il prezzo pagato dal Sud Africa per l'abolizione dell'apartheid e delle leggi razziali, e per la conquista di una democrazia liberale. Se é vero che il compito di un buon politico é migliorare il mondo in cui vive, lui vi é riuscito, pur dovendo accettare in cambio dolorosi compromessi (sia di insegnamento ai savonarola italioti, questo é far politica).


Beh, io ai santi ho sempre preferito gli uomini, e la miglior prova di valore resta comunque l'affetto del popolo sudafricano senza eccezioni per quest'uomo di altri tempi, per cui si preannunciano nove giorni di onoranze funebri. Alla sua memoria dedico i versi ripresi anche da Clint Eastwood nell'omonimo film, versi in cui Mandela cercava conforto durante i lughissimi anni di prigionia per aver combattutto a parole e di fatto perle sue idee. Versi che possono fare molto anche per noi, in attesa della liberazione dal giogo del liberismo eurista. E che spero spronino noi e i purtroppo mediocri successori di Madiba a comprendere quale sia il vero nemico da combattere.

INVICTUS (di William Ernest Henley)

"Dal profondo della notte che mi avvolge, Nera come un pozzo da un polo all'altro, Ringrazio qualunque dio esista Per la mia anima invincibile.

Nella feroce morsa delle circostanze Non ho arretrato né gridato. Sotto i colpi d’ascia della sorte Il mio capo è sanguinante, ma non chino.

Oltre questo luogo d'ira e lacrime Incombe il solo Orrore delle ombre, E ancora la minaccia degli anni Mi trova e mi troverà senza paura.

Non importa quanto stretto sia il passaggio, Quanto piena di castighi la vita, Io sono il padrone del mio destino: Io sono il capitano della mia anima."


Dall'Africa all'Unione Europea, occorre una volta per tutte ribellarsi con tutte le forze al liberismo e alla sua diretta conseguenza, l'austerità europea, e non accettarlo piu o meno pedissequamente. Occorre ribellarsi a QUESTO:

Fonte: Elaborazione rivista Limes.
Test a sorpresa: in quali paesi é prevalente il "cerchietto verde" (crescita)?
In quali quello rosso (recessione)?
***

E veniamo al post. Una seconda premessa é doverosa. Non mi spreco MAI a criticare l'operato di una persona/gruppo politico/quelchesia che ritenga oltre ogni redenzione e utilità per la collettività. Io critico chi gode in qualche misura del mio rispetto. E chi ritengo possa trarre profitto dalla critica stessa per il bene comune. Ed evito critiche stupidamente distruttive. Ad esempio, spesso ho criticato la linea economica-politica del Movimento 5 Stelle, ma é perché ritengo che con tutti i suoi limiti sia l'unica forza politica in parlamento che abbia qualche piccola possibilità di migliorare le cose in Italia. E se é vero come ne fa vanto di ascoltare tutti e migliorare, sarà il caso che lo dimostri presto. Qualcuno ne ha dedotto che farei di conseguenza propaganda negativa a vantaggio del PD o del PDL, che sarei "livoroso" e che dovrei "votare Renzi".

Bravi giovani, come se non conosceste il mio percorso...E come se non conosceste cosa ho fatto per far crescere il movimento in cui (ancora) credete... Il signor Renzi non ha bisogno di critiche, ha bisogno di un mandato di comparizione. E io non ho tempo da perdere nel dimostrare oltre che la sua linea economica di tagli alla spesa pubblica, privatizzazione e precarietà é la prosecuzione del sogno di Hayek. D'altro canto, starebbe a voi "duri e puri" del Movimento dimostrare che vi differenziate sul serio, non solo negli intenti ma anche NEI RISULTATI.

Ho osato criticare la linea politico-economica di Pizzarotti a Parma, che fece una campagna elettorale contro l'inceneritore e le privatizzazioni, promettendo di risanare il buco lasciato dalle precedenti amministrazioni. I risultati sono che:
  • Pizzarotti sta effettivamente pagando i debiti, ma NON é riuscito a fermare l'inceneritore perché fuori tempo massimo con la battaglia legale e impossibilitato a pagare la penale prevista dal contratto (perché deve ripianare i debiti per non sforare il patto di stabilità). Ma allora per cosa é stato votato, se non per dare battaglia a tutti i costi? O forse chi l'ha votato pensava che un comune INDEBITATO come Parma potesse trovare i soldi per finanziare la penale e i costi della raccolta  differenziata promessa senza sforare il patto di stabilità EUROPEO? Il sindaco De Luca di Salerno, comune virtuoso per la raccolta differenziata, che come Bolzano é al vertice in Italia con il 70% di raccolta porta a porta, ha dichiarato al forum Eurotruffa di Roma che ogni anno mette a bilancio VENTINOVE MILIONI DI EURO solo per questa. Cifre normali e prevedibili. Certo, mi é stato ribattuto che "non ci si può opporre al patto di stabilità" e che "i contratti vanno rispettati". MA DAVVERO? Quel patto e quei contatti erano noti prima delle elezioni e sono noti oggi, ma le promesse elettorali sono state ben diverse. Ai tempi io sollevai molte preoccupazioni in materia, e dissi chiaramente che senza affrontare il problema a livello nazionale, Pizzarotti avrebbe avuto le mani legate anche in caso di vittoria elettorale. Perché con QUESTE regole, le uniche riforme possibili sono tagli alla spesa, la famosa spending review (Monti la chiamava così), e una leggera redistribuzione della ricchezza privata esistente (in continua diminuzione), cosa tentata a Parma con gli asili. Nulla di più. E quindi se io accuso il Movimento di aver costruito un programma inverosimile basato sul wishful thinking, che si configura come ingannevole nei riguardi degli elettori, FORSE qualcuno potrebbe anche ascoltare e comprendere cosa andrebbe migliorato.
  • Sia De Luca che Pizzarotti a Roma si sono scagliati contro la burocrazia elefantiaca, sulle distorsioni burocratiche che frenano gli investimenti, ma solo De Luca ha citato il patto di stabilità come IL problema maximo. E' ormai risaputo che tali regole e tali distorsioni sono diretta conseguenza del recepimento di direttive europee. Che gli investimenti non siano stornabili dal patto di stabilità é regola UE. Così come l'invasività e inutilità dei controlli preventivi e l'abolizione di quelli a valle, citata da entrambi, che consente la proliferazione dell'illecito (De Luca ha parlato di 70000 alloggi abusivi nella sola Campania). L'impossibilità di fare un bilancio provisionale per tempo é anch'essa conseguenza della nostra aderenza all'UE, dato che dobbiamo PER FORZA attendere l'ok alla nostra legge di stabilità (che deve essere approvata dall'UE in virtù del Six Pack) per capire quante e quali risorse sono disponibili per i comuni, non c'entra la malapolitica italiana se i comuni spesso sono costretti a rivedere (al ribasso) le spese e se devono adottare politiche attendiste, austere e conservatrici. INEVITABILE, con il sistema attuale UE. E' quello il sistema che va combattuto. Quindi, iniziative come quella del sindaco Orlando di Palermo di firmare un documento congiunto fra tutti i sindaci d'Italia contro il patto di stabilità e il Fiscal Compact, non sono una "protesta radicale ed estrema" come dice Pizzarotti. Sono una necessità.
  • Ogni volta che critico (peraltro sempre costruttivamente) il Movimento, arriva la solita pletora di persone che sa di sapere e che pretende di sommergermi con i suoi wall of text fanboystici che devo sopportare pazientemente e poi magari anche rispondere a tutte le domande del caso. Sia chiaro, non sono il vostro parco giochi e tra le cose di cui sono accusabile NON c'é certo quella di nn argomentare. Per esempio, dopo avermi adeguatamente sbeffeggiato, uno dei soloni di cui sopra mi ha chiesto che diamine potrebbe fare di diverso un comune come quello di Parma, visto che "potrà mica emettere moneta sua come nelle repubbliche marinare"??? Ebbene, carissimo, ti sorprenderà visto che tu sai di sapere e hai già tutte le risposte, ma la risposta é SI. Può farlo. Questa era la proposta di M.Forstater (MMT) per una moneta alternativa che consentisse la ricostruzione de L'Aquila. A Parma non sarebbe troppo diverso. Altre soluzioni molto valide sono basate su crediti d'imposta, come quella proposta da Warren Mosler (MMT). In generale, l'idea alla base della moneta alternativa, se ben fatta, é questa: in ogni comunità le transazioni INTERNE (ovvero fra membri della comunità stessa) sono una quotaparte MOLTO rilevante (a Roma siamo sul 20%, come documentato dall'esperto Valentino de Santi al suddetto forum). Ergo, queste transazioni potrebbero essere gestite con moneta alternativa, il che sbloccherebbe in parte il credit crunch e restituirebbe potere d'acquisto (il 20% in più a Roma) alle famiglie e aziende locali, rilanciando l'occupazione, legando l'economia reale al territorio e ammorbidendo il morso della crisi. Non é semplice, beninteso. Sistemi come lo SCEC ad esempio hanno della mancanze, che ne inficiano la velocità di circolazione e quindi l'utilità, con la conseguenza che alla fine qualcuno si troverà il cerino in mano, con tanti scec inutili in mano. Invece é necessario introdurre un meccanismo di compensazione, che vigili sugli scambi e sugli squilibri che ne possono derivare. Un modello affatto diverso dalla vecchia Unione Europea dei Pagamenti. Quindi si, carissimi, si può e si DEVE fare qualcosa, che non é applicare pedissequamente le stesse regole che ora ci strangolano. E vantarsene pure. Ma naturalmente sapere di sapere non é una buona base di studio e di partenza per qualunque progresso.

Grillo al recente Vday3 ha in qualche misura (sic) rimesso in discussione l'eurosistema e il patto di stabilità, ma ha fornito soluzioni al solito lacunose e dannose, come la "ristrutturazione del debito pubblico" e altre già discusse e smontate come il "referendum sull'euro". Un chiaro problema, oltre che di mancanza di democrazia interna al Movimento, anche di approfondimento e studio carenti

E citando Quarantotto, "tutto ciò è un gran peccato, dato che le energie più vive della società sono in buona parte orientate verso il mov. che costituirebbe, potenzialmente, un enorme riserva di progresso. Ma per por fine alla "involuzione" del capitalismo sfrenato occorre cultura. Storica, economica, costituzionale, umanistica (nel senso di umanitaria).
Che non si improvvisa e che non si trova infusa nella sola buona fede: la stessa "onestà" non è un sistema occhiuto di controllo degli altri, specie se portato in base a un metro "etico" di cui non si è ben compresa l'origine e la funzione.
E occorre la consapevolezza che questa cultura si conquista con fatica, diffidando di soluzioni e slogan suggestivi lanciati, nel modo più insidioso proprio, dalla multiforme capacità di controllo dell'avversario: cioè nella stessa rete."
 
Capiamoci bene, io sono qua per aiutare e offro gratis quello che ho capito, ARS pure. Ma non ho nulla da dire e nulla (di piacevole) da dare a chi sa di sapere. Atteggiamento odioso che accomuna a questi qua, e che non appartiene neppure al PUD€!!! (vedi sotto). Un minimo di autocritica sarebbe auspicabile.

E in segno di buona volontà,  comincio io (con l'autocritica). In recenti post ho avuto qualche appunto strategico-comunicativo da muovere al professor A.Bagnai, per esempio qui e qui.Come non condivido una certa sua dialettica offensiva e modo di porsi nei riguardi di ARS, così devo levarmi il cappello di fronte alle sue qualità di comunicatore e politico e ai risultati che sta ottenendo, e li sta ottenendo, cari savonarola, proprio con i metodi di cui sto parlando in questi miei ultimi post. Vi consiglio di ascoltare in dettaglio la sua relazione del 4 dicembre alla Commissione Finanze del nostro parlamento. Perfetta dal punti di vista non solo dei contenuti, ma anche della dialettica, dell'umiltà e della proattivistà e costruttività. Questa piece é uno dei momenti di più alta politica cui abbia mai assistito. Efficacissima. Particolare attenzione ponete sul contradditorio finale, che molti interlocutori hanno affrontato con i soliti veementi luogocomunismi, tutti parati con eleganza e senza scomporsi. Uso degli argomenti del "nemico" contro di lui, citazione di autori mainstream, umiltà, argomenti politicamente concreti e utilizzabili dagli ascoltatori a loro vantaggio in futuro, tutti dettagli che possono come minimo far partire un dibattito serio e offire alla parte più sana del PUD€ un'occasione di riscatto.  Gli applausi e ringraziamenti finali sono la miglior prova del suo successo.




Qui trovate le slide che ha usato nell'esposizione, che come vedrete sono chiarissime e politicamente correttissime. E qui c'é lo studio della BCE richiamato dal professore durante l'esposizione.

Continuo a ritenere validi tutti i miei argomenti dei miei post scorsi, ma quel che é certo é che il prof. Bagnai sta conducendo in modo eccellente la battaglia politica che ha scelto. E va assolutamente rispettato per questo. Poiché é anche grazie a lui che questi argomenti stanno diventando mainstream, e questo non potrà che giovare a tutto il fronte sovranista e all'opera di divulgazione e invito alla militanza di ARS e associazioni similari.

***

Sempre sul tema comunicazione e "potere della parola", ho avuto recentemente modo di discutere con Diego Fusaro sui termini principali che sta portando avanti ARS, ovvero "costituzione", "sovranismo" e "socialismo" in primis. Sul primo poco da dire. Sul secondo, so per certo che una certa area "di sinistra" (sic) tende ad evitarlo e smontarlo, adducendo l'obiezione che sotto il termine "sovranismo" si starebbero raccogliendo anche i peggiori rigurgiti della destra xenofoba liberista italiana, ben intenzionati a rifarsi una verginità politica per poi continuare ad applicare le stesse vetuste ricette. Non trovo sbagliato dibattere sulla natura del termine e sul modello di società che si vorrebbe realizzare dopo, come trovo sacrosanto analizzare i rapporti di forza sullo scenario geopolitico europeo post-euro per aiutarci a definire una strategia e alleanze utili, ma trovo sbagliato definire "sovranista" chiunque non intenda costruire una società rispettosa della nostra costituzione ante-SME. Ovvero una costituzione di chiara ispirazione socialista e keynesiana.

Chi non si rifà a questo e pretende di mantenere il liberismo, il vincolo esterno e la precarietà e iniquità sociale fuori dall'euro, non é un vero sovranista. E' solo l'ennesimo traditore della patria, del suo popolo e degli ideali in cui esso si riconosce. Se la costituzione di cui parliamo é quella italiana, beninteso.

Bettino Craxi. Un "socialista". Già.
Riguardo al terzo termine, "socialismo", effettivamente più fonti mi fanno notare che sarebbe meglio usarlo con moderazione, per i danni di immagine a livello italiano che ha subito dal soggetto a fianco...

Non la trovo affatto un'idea peregrina, per quanto ritenga B.Craxi soggetto politico di varie spanne superiore allo standard attuale. E discutendone con Diego, mi ha suggerito un termine alternativo, potente e incontaminato, che potrebbe essere utile nella battaglia. E che ancora meglio di "socialismo" (e come ho già sottolineato, molto meglio di "destra" e "sinistra") definisce forse il nostro scopo di riparazione del tessuto sociale del paese, o meglio di ricompattazione della nostra comunità sotto l'ombrello della nostra costituzione e lo scudo di un nuovo patto sociale

Il termine é COMUNITARISMO

Vi invito a leggere la sua definizione dalle parole auliche di Diego stesso, con le quali saluto voi e Madiba.

***

Al di là della destra e della sinistra: verso un comunitarismo dell’emancipazione umana

Platone
"Questo è il compimento del tessuto, intrecciato con retta tessitura, dell'attività politica:allorché l'arte del regnare, unendo insieme nella conformità del pensiero e in amicizia il costume di vita degli uomini valorosi e temperanti e le loro vite, realizza fra tutti i tessuti quello più sontuoso e migliore, e avvolgendo tutti gli altri, schiavi e liberi, che sono nello Stato, li tiene uniti in questo intreccio, e regge e dirige senza tralasciare nulla di quanto convenga ad uno Stato felice" 
(Platone, "Politico", 311 b-c)

L’invasione totalitaria del reale e del simbolico da parte delle prestazioni “sensibilmente sovrasensibili” della forma merce e del dilagante fanatismo dell’economia non più contrastato dal 1989 è oggi ugualmente condivisa, in quanto vissuta come inevitabile, nel quadrante destro della politica, come nel sinistro. In quanto totalizzante, il capitale si riproduce a destra in economia (egemonia del liberismo più indecente, smantellamento del welfare state e privatizzazione dei beni comuni), al centro nella politica (nella forma di interscambiabili raggruppamenti di centro-destra e di centro-sinistra), a sinistra nella cultura (contestazione antiborghese, individualismo libertario, edonismo senza misura, smantellamento dei valori, difesa a oltranza del nichilismo). 
Dalla natura totalitaria dell’odierno capitalismo speculativo, in cui le forze politiche un tempo opposte condividono lo stesso orizzonte contraddistinto dal monoteismo idolatrico del mercato, emerge con limpido profilo quella che è stata qualificata come la natura inservibile delle due categorie di destra e sinistra (cfr. C. Preve, Destra e sinistra: la natura inservibile di due categorie tradizionali, C.R.T. 1998). Si tratta di una dicotomia valida unicamente in quella che in altra sede (Minima mercatalia. Filosofia e capitalismo, Bompiani 2012) ho definito come la “fase dialettica” del capitalismo.
Oggi la dicotomia non esiste più, se non come protesi ideologica di santificazione apologetica dell’esistente: l’opposizione tra una destra e una sinistra che, dietro l’apparente contrapposizione, veicolano la stessa visione del mondo contribuisce a rendere indecifrabile l’essenza del nostro tempo. Di più, rinsaldano la falsità organizzata dell’oggi in voga “pluralismo” che dice al plurale sempre e solo la stessa cosa: sopportate il mondo e lasciate ogni speranza! Il pensiero unico si predica in molti modi: i quali ne occultano la natura totalizzante e assoluta dietro la frammentazione sorvegliata del messaggio.
Economia, politica e cultura condividono oggi, sempre più in egual misura, il principale dogma della religione capitalistica, l’inemendabilità dell’esistente. Per questo, è più che mai necessario, oggi, operare un riorientamento gestaltico nella nostra visione delle cose, troppo spesso inerziale e legata, heideggerianamente, all’omologazione interpretativa di quel “si dice” che continua a essere la cifra dell’esistenza (e della politica) inautentica.
Anziché seguire gli schemi interpretativi collaudati e passati al setaccio dalla logica ideologica, occorre prospettarne di nuovi, che rendano possibile una rivoluzione prospettica. In particolare, la sfera che continuiamo ostinatamente a definire “politica” non produce più alcuna decisione che presenti il benché minimo effetto sull’assetto globale e sulla direzione di sviluppo della società. Essa si limita a contrabbandare come democratica e mediata dalla deliberazione comune la coartazione all’adeguamento alle scelte sistemiche compiute dai mercati divinizzati nell’apparato eurocratico, entità senza volto e identità, che nessuno ha eletto né può governare. L’omologazione universale di stampo liberista costituisce il fondamento di quel mercatismo assoluto che comporta, come corollario, l’integrale espropriazione di ogni agire politico, a destra come a sinistra. Si impone, allora, la dittatura di un unico centro integralmente piegato alle logiche sistemiche e virtualmente distinto in un centro-destra e in un centro-sinistra perfettamente interscambiabili e ugualmente piegate al mercato, la sola realtà sovrana rimasta.
L’antitesi tra destra e sinistra – la cui attualità è pari a quella tra guelfi e ghibellini – esiste oggi solo virtualmente come protesi ideologica per manipolare il consenso e addomesticarlo in senso capitalistico, secondo il tipico dispositivo della tolleranza repressiva per cui al cittadino globale è dato scegliere liberamente l’adesione alla necessità sistemica. Che senso ha scegliere, infatti, in una condizione architettata in modo tale che la scelta sia comunque impossibile? Come definire “libera” la selezione di forze politiche che hanno preventivamente giurato fedeltà ai dogmi della teologia neoliberale e al teologumeno “ce lo chiede l’Europa”?
È per questa ragione che, per portare a compimento il riorientamento gestaltico a cui prima si faceva cenno, occorre congedarsi senza remore dall’ormai logora e inservibile dicotomia tra destra e sinistra, che pure ha svolto un ruolo imprescindibile nell’avventura moderna, e cercare di prospettare nuovi schemi politici, in grado di decifrare l’essenza dell’oggi e far tornare a splendere il pathos antiadattivo e il gramsciano “spirito di scissione”.
La libertà, infatti, non si esercita scegliendo tra una destra e una sinistra perfettamente interscambiabili e ugualmente alleate dello status quo, ma rigettando senza mediazioni possibili la scelta manipolata e prospettando alternative reali, che restino fedeli al “sogno di una cosa” (alternativo alla reificazione del “sogno delle cose”), ossia al progetto di un’ulteriorità nobilitante che disegni per il genere umano un futuro meno indecente del presente di cui siamo sudditi coatti. 
L’abbandono della falsa opposizione tra destra e sinistra deve oggi costituire la base per l’adesione all’anticapitalismo e all’ideale del perseguimento universalistico di un’umanità fine a se stessa, sottratta ai perversi dispositivi della crescita fine a se stessa e della valorizzazione del valore, del debito e della finanziarizzazione del mondo. Pertanto, la vecchia dicotomia deve essere sostituita da una nuova opposizione, quella tra l’anticapitalismo in cerca dell’universale reale dell’umanità emancipata e l’accettazione del regno animale dello spirito vuoi come migliore dei mondi possibili, vuoi come destino irredimibile.
 Secondo l’aureo suggerimento di Henri Bergson, nove errori su dieci risiedono nel ritenere che sia ancora vero ciò che ha cessato di esserlo. Il decimo, e più grave, consiste, però, nel considerare come non più vero ciò che invece lo è ancora a pieno titolo. Credere alla validità delle dicotomie destra-sinistra, atei-credenti, stranieri-autoctoni, fascisti-antifascisti, comunisti-anticomunisti nel nostro presente è l’equivalente dei nove errori a cui allude Bergson: pensare che l’anticapitalismo sia una categoria ormai superata e inservibile costituisce il decimo errore, il più grave.
Lo spirito di scissione nell’epoca del fanatismo economico post-1989 e del capitalismo naturalizzatosi nell’inedita forma del capitalismus sive natura, deve valere, a maggior ragione, nel quadro di un’Europa unita esclusivamente sulle basi della Banca Centrale Europea e della conseguente eurocrazia: in essa si realizza tramite la violenza silenziosa dell’economia l’oppressione dei popoli che nel Novecento era ottenuta mediante il dispiegamento di carri armati e drappelli militari, imponendo agli Stati svuotati di sovranità le quarantott’ore di tempo, come nei classici ultimatum politici, per adottare adeguate misure di crescita: il gesto più rivoluzionario che si possa compiere è abbandonare questa follia organizzata e tornare nei confini dello Stato nazionale sovrano, per perseguire, a partire da esso, il progetto di una comunità di individui liberi, uguali e solidali.
Con buona pace del virtuoso coro dei teologi neoliberali, la sola mano invisibile oggi operante è quella della violenza economica che massacra silenziosamente i popoli e le classi, i giovani e gli anziani, producendo senza sosta quelle che Hegel chiamava le “tragedie nell’etico”. Il “nuovo Hitler” non si presenta con la svastica e il braccio teso: parla un inglese fluente, si appella alle sacre leggi della finanza e alla volontà del mercato, identifica la libertà con la liberalizzazione integrale. Non firma i suoi crimini, né – come usa dire – ci mette la faccia: nasconde le sue scelte esiziali dietro la volontà impersonale dei mercati, ed è pronto a condannare ogni forma di violenza che non sia quella istituzionalizzata, anonima e silenziosa, dell’economia. 
L’esodo dall’attuale Europa, ossia dall’eurocrazia che unifica solo a livello monetario il continente europeo, rendendo possibile tramite la moneta unica le forme di oppressione e di dominio che erano state sventate nel 1945, deve allora costituire il primo passo da compiere per il ristabilimento della sovranità nazionale come base per la garanzia dell’esistenza della communitas oggi dissolta dalle sacre leggi del debito e della finanza. Frutto di una scelta indipendente dalla volontà sovrana del popolo, l’ingresso nell’Unione Europea non è stato democratico: può però esserlo l’esodo.
Occorre, dunque, opporsi incondizionatamente alla presente caricatura dell’Europa, il nobile nome che si attribuisce all’odierna eurocrazia che ci sta trascinando nell’abisso sociale e politico: e questo in uno scenario in cui, in una Guernica di tipo sociale, agli Italiani come agli Spagnoli si impone l’appoggio incondizionato delle politiche europee (e dei conseguenti sacrifici) anche quando esse costringono a licenziare senza regole i cittadini e a privarli di ogni garanzia, con palese ricorso alla coercizione e al raggiro (sia pure tramite la mediazione ingannatrice del suffragio universale). In nome del teologumeno “ce lo chiede l’Europa”, ogni diritto sociale è destinato a essere soppresso a favore della liberalizzazione selvaggia promossa dal pensiero unico neoliberale.
Occorre, allora, dare vita a un “nuovo Principe” che, nella forma del partito come unione concertata delle forze, organizzi e mobiliti – così nei gramsciani Quaderni del carcere – una “volontà collettiva nazionale-popolare”, indirizzando – tramite l’egemonia culturale – la volontà sovrana nazionale in senso opposto rispetto alle spinte della mondializzazione mercatistica. Occorre [...] ricostituire il legame sociale oggi dissolto dalle logiche di individualizzazione selvaggia, che riducono l’individuo ad atomo astrattamente onnipotente e concretamente impotente: bisogna, in altri termini, ricomporre una “social catena” che, in forma concertata, sappia organizzare le armi della critica e la passione trasformatrice, impedendo all’ira individuale, gravida di buone ragioni, di spegnersi nella mestizia solitaria.
Non bisogna fare concessioni al politically correct del pensiero unico, la cui unica funzione è di neutralizzare le alternative, assolutizzare il presente e demonizzare a priori le possibili vie di fuga dall’odierno regno animale dello spirito. Non bisogna farsene intimorire. L’accanimento da parte del pensiero unico è, anzi, la spia che segnala il proprio non allineamento con il politicamente corretto e con le ideologie che polifonicamente cantano sempre un unico ritornello, quello dell’abbandono di ogni prospettiva utopica. 
Come il nome di Marx è oggi ideologicamente associato a quello del gulag, analogamente quello dello Stato è sempre abbinato all’esperienza del nazi-fascismo. Il movimento ideologico resta invariato e coincide con l’esorcizzazione preventiva di ogni possibile ritorno a Marx o allo Stato nazionale, identificato tout court con una rinascita delle atrocità di un passato nevroticamente richiamato in vita come esito necessario di ogni esodo dal presente eternizzato.
La reimposizione del primato della politica sull’economia ipostatizzata in monoteismo del mercato dev’essere mediata dal recupero della sovranità dello Stato nazionale: quest’ultimo è oggi chiamato a svolgere una funzione congiunturalmente rivoluzionaria di opposizione operativa alla dittatura globale dell’economia, con tutte le tragedie nell’etico e le sciagure sociali che essa comporta, dalla soppressione del welfare state alla privatizzazione selvaggia delle competenze fino a ieri statali, dallo smantellamento dei diritti sociali al delirante sogno neoliberale dello Stato minimo, se non nullo. 
Nell’epoca dell’economia globalizzata, che svuota di sovranità gli Stati nazionali in vista della delegittimazione del politico e della sua sottomissione all’economico autonomizzato, lo Stato è, allora, chiamato a configurarsi come una preziosa risorsa per invertire la tendenza. Esso deve restaurare l’egemonia della politica sull’economia e, per questa via, frenare il moto nichilistico dell’estensione del codice della forma merce a ogni ambito dell’esistenza e del pensiero. Deve, in altri termini, conservare vivo l’ideale comunitario come telos dell’azione in vista dell’emancipazione universale. Occorre riprendersi tutto, a partire dalla sovranità, ma poi anche tornare a pensare il nostro mondo – con la sintassi di Marx – non come un “solido cristallo”, ma come un “oganismo suscettibile di trasformazione”. Solamente se ciò che c’è si lascia pensare come trasformabile, ciò che c’è non è tutto. 

Diego Fusaro - 01/10/2013



Ci vediamo in mischia.
Mattia C




 "Abbiamo bisogno di ispirazione François, perché per poter costruire la nostra nazione dobbiamo tutti cercare di superare le nostre aspettative".

7 commenti:

  1. Bravo Mattia, la politica del tessere relazioni richiede anche fortezza e pazienza dialettica, umiltà e proattività. Bagnai alla commissione finanza è stato molto diplomatico e prudente , dando ancora più fora alla sua azione. Infatti ad una mia domanda su RF prossimo , forse , venturo a risposto in modo elusivo . https://www.facebook.com/groups/341357459231627/permalink/685707798129923/
    Ma è giusto così , bisogna seminare e curare i germogli , poi i frutti arriveranno. Siamo nodi attivi e consapevoli in relazione tra loro , attivi nelle comunità locali per divulgazione e supporto civico. Ottimo. La costituzione del 48 e la riaffermazione dei diritti collettivi con il rinnovato supporto dello Stato ( S maiuscola) daranno la via alla riattivazione di energie collettive e sovrane. Vinceremo tutti e insieme. ciao ci vediamo in mischia ;) .... ah il post non l'ho letto ma LOL

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  2. l'ars aderisce allo sciopero nazionale del 9 dicembre ? avete contatti ?

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  3. @Stefano, ecco la posizione dell'ARS sullo sciopero:

    http://www.riconquistarelasovranita.it/comunicati/comunicato-dellars-sulla-manifestazione-dell8-9-dicembre-2013

    Non siamo tra gli organizzatori. Condividiamo le motivazioni, ma dobbiamo prendere le distanze dai modi e dai toni con cui la cosa é stata organizzata. L'intimidazione dei negozianti non é il nostro stile.

    Però alcuni di noi saranno ai presidi per cercare di parlare e far ragionare gli intervenuti.

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    1. A Padova le motivazioni sono forse un po' confuse, quanto ai modi è una protesta civilissima.
      Scarseggiano però i manifestanti, basterebbero un paio d'ore di disponibilità, quel che ognuno può dedicare.
      E' anche un ottima occasione per parlare delle vere cause della crisi con chi ancora si accanisce contro i sintomi (castacriccacorruzione). Vedo la partecipazione come la necessaria pressione popolare affinchè "le persone sbagliate facciano la cosa giusta", per dirla con Bagnai: uscire dall'euro.

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  4. @Alberto "io il libro non l'ho letto ma..."...

    qual'é l'ultima volta che hai votato pd? forse devi ancora disintossicarti... :D

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  5. Qualcosa succede
    in questo mondo di pietre
    scagliate in millenni da mani
    che han fatto di salme saponi
    qualche urlo si spegne
    per lasciare brace covata
    da cenere ansiosa di farsi letame
    goccia di buia grotta pendente
    ha eretto colonne di sacro tornite
    ma luce di torce a fedeli
    infine le ha fatte conoscere
    che siano flutti fangosi
    fumi venefici astiosi ricordi
    macerie scansate pure da ortiche
    è in atto un processo per metterli
    di fronte a sovrumano giudizio
    saremo secondini di questi
    serviremo ranci in galere
    certi che finite le pene
    godremo anni restanti di vita
    liberi di volare fulgenti
    come meteore in cieli.

    Un saluto Marco Sclarandis

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  6. @marco grazie mille per i tuoi versi. :)

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