Ritengo che lo scopo di ogni attivista dovrebbe essere lavorare duramente per aggregare consapevolezza e consenso sui temi più importanti e fare rete, facendo capire alla gente e alle forze in campo quale sia la strada giusta da seguire. Far dialogare chi non si parla più, indurre il dibattito dove non c'é, aprire porte chiuse o che terzi vorrebbero chiudere. E creare nuove sinergie che l'attuale clima generalizzato di radicalizzazione delle posizioni e chiusura preclude.
La massa critica contro l'ordoliberismo, il lobbysmo e contro l'apologia del vincolo esterno é ben lontana dall'essere raggiunta, e a mio modo di vedere un dibattito che partisse in una CGIL o in un PD, da altri apostrofati come "collaborazionisti da distruggere", sarebbero una vittoria. Ma perché ciò avvenga occorre parlare, non liquidare o accusare o insultare. Anche se ne avremmo tanta voglia. Io per primo.

lunedì 20 gennaio 2014

ARS e l'internazionalismo mancato. Una risposta alla sinistra internazionalista.

Il solito prego!
Due parti di costituzione e una di sovranità
e un buon caffé!
Buon giorno e buona battaglia per la sovranità a tutti.
Forse avrete sentito che l'incontro a cui abbiamo presenziato io e Diego Fusaro é andato molto bene. I quasi 70 intervenuti all'aperitivo categorico capivano e assorbivano le nozioni politico-filosofiche ed economiche che abbiamo dato, e abbiamo avuto molte richieste di approfondimento. Decisamente una grande serata! :) Alla fine, la domanda che andava per la maggiore era naturalmente "che fare?".
Aiutateci e militate con noi, dico io. Certo, avete prima il diritto di capire cosa facciamo, di che pasta siamo fatti e su che valori si appunti la nostra azione politico-divulgativa e che colore politico abbia. Beh, riciclando un mio recente post, la posizione di ARS, la risposta é:

Ovviamente chiunque voglia fare corretta informazione in italia e parlare di costituzione, lavoro, diritti sociali in modo onesto compie un atto politico, quindi ARS é un'associazione politica, non solo culturale. Siamo circa 250 in tutta Italia e riconosciamo di non avere ancora i numeri per proporci ad elezioni e simili, quindi ci accontentiamo per ora di divulgare e crescere, sperando in futuro di poter essere parte di un'alleanza politica che salvi il nostro paese restituendogli sovranità e democrazia.

I valori a cui ci rifacciamo? Costituzione anzitutto, quella del '48. E quindi una costituzione socialista, che mira ad un duro controllo del capitalismo poiché l'iniziativa economica dve essere si libera ma deve essere indirizzata a fini sociali, non per il puro profitto speculativo. Vogliamo che la nostra costituzione torni la massima fonte di diritto, e pertanto qualunque politica non sia indirizzata alla piena occupazione, parità di diritti e welfare é incostituzionale e non é nei nostri programmi. Siamo pertanto notevolmente progressisti, almeno rispetto alla deplorevole situazione attuale. Rispetto alla sinistra più ortodossa però noi vorremmo costituire un patto sociale che comprenda non solo salariati, ma anche imprenditori, piccoli e grandi. Perché tutti devono capire che sono dalla stessa parte contro il liberismo e il capitale sfrenato internazionale. Il reddito di un salariato é garanzia di profitto e prosperità per un imprenditore, e allo stesso tempo misure punitive verso l'impresa sono garanzia di chiusure a catena, vendite all'estero e delocalizzazioni, con pesanti ricadute sulla nostra occupazione. Rifiutiamo l'idea di dividere politicamente questi due soggetti. Vorremmo tanto riuscire a ricucire le ferite al tessuto sociale italiano insomma.

Vi invito poi a leggere le mie risposte qui alle obiezioni di alcuni militanti MOLTO a sinistra, marxisti ortodossi, sulla bontà e il senso della nostra azione. In breve, memori dell'internazionalismo marxiano che aveva prefigurato la formazione di un fronte proletario sovranazionale che si opponesse al capitalismo, essi negano l'utilità della nostra azione di respiro anzitutto nazionale. A proposito, ho provato anche a contattare i ragazzi della sezione torinese di Lotta Comunista, e le loro obiezioni sono molto simili. Ecco un estratto della mia risposta:

PARIMENTI non riteniamo corretto essere accusati di fascismo o almeno di "lontanza politica dalla sinistra" per il nostro desiderio di recupero dello spazio sovrano nazionale. Come ha sottolineato di recente il prof. A.Bagnai in un suo pezzo, citando dal Manifesto del Partito Comunista:
 
"Se non nel contenuto, senz'altro formalmente la lotta del proletariato contro la borghesia è in un primo momento una lotta nazionale. Va da sé che il proletariato di ciascun paese deve vedersela in primo luogo con la propria borghesia"

E aggiungo dalla prefazione allo stesso testo di Engels per il lettore italiano (1893)

"Se ciascuna nazione non avesse riacquistato la propria autonomia e unità, non si sarebbero potute compiere né l'unione internazionale del proletariato, né la tranquilla e intelligente cooperazione di queste nazioni per il raggiungimento di scopi comuni. Cercate solo d'immaginare un'azione internazionale comune degli operai italiani, ungheresi, tedeschi, polacchi, russi nelle condizioni politiche precedenti il 1848!"

Capite? Noi stiamo semplicemente cercando di condurre il nuovo proletariato nazionale (che comprende ANCHE la piccola e media impresa che non vogliamo certo abbandonare), alla lotta politica unito contro il grande capitale sfrenato e il liberismo europeo e mondiale, rappresentato dal sisema di lobby e finanziarie dietro la Troika. Comunitarismo contro liberismo. Chiamatela se volete lotta di classe 2.0.

Diego Fusaro lo dice anche meglio!



Come fascisti non siamo questo granché. :)

 ***

Per il resto, é uscito il mio ultimo articolo su appelloalpopolo, che ribloggo volentieri qui :) 
Buon divertimento!

Barroso e la macabra ironia dei comunicati UE
Hiroo Onoda al momento della "resa"
Hiroo Onoda sama al momento della "resa"

Buon giorno e buona battaglia per la sovranità a tutti.

Scorrendo le principali novità in rete di oggi, mi é balenata all'attenzione questa notizia, riportata dal blog del PD (Repubblica per gli amici). E' morto a 91 anni Hiroo Onoda, tenente a riposo dell'ex Esercito Imperiale nipponico. Quest'uomo incredibile, distaccato nelle Filippine durante il secondo conflitto mondiale, dopo la resa giapponese continuò a resistere e lottare per altri 30 anni. E solo l'incontro con il suo antico superiore che gli comunicò ufficialmente la revoca dell'ordine ricevuto lo indusse a tornare in abiti civili. Onoda suo malgrado é divenuto un'icona di qualunque guerrafondaio asiatico, ma basterebbe analizzare la sua vita in seguito per capire che ci troviamo di fronte ad un grande uomo. Sposato, padre di famiglia, reintegrato perfettamente in società (sebbene a modo suo), si é speso per insegnare alle giovani generazioni giapponesi il rispetto della natura e al contempo l'abnegazione e la disciplina che ogni cittadino, prima che ogni soldato, dovrebbe mantenere in vita se vuole proteggere il suo paese.
E prima che arrivi il solito benpensante a snocciolare facili accuse di fascismo, vorrei ricordare solo questo :

Art. 52. Cost. : "La difesa della patria è sacro dovere del cittadino."

Saluto pertanto e manifesto il mio rispetto per un samurai, un padre e un eroe e invio le mie condoglianze alla famiglia. Avremo bisogno di un'intera generazione di Onoda-sama fra noi.
A quanto pare, purtroppo, il suo messaggio é stato recepito per primo dalla Commissione Europea, almeno per quanto riguarda la cieca devozione ad un ideale fuori tempo massimo, giusto o sbagliato che sia, contro ogni evidenza empirica. Giusto ieri, il presidente della Commissione UE Manuel Barroso, ostentando una notevole sicumera di fronte all'avanzare della recessione in tutta l'UME, così arringava la nostra classe politica:

«Impensabile che i partiti italiani pensino che si possa andare avanti con questo debito pubblico». «Basta con questo slogan dei partiti italiani 'se c'è austerità, non c'è crescità: è falso». «La realtà è che c'è un'emergenza. Nessun paese ha avuto piacere a fare i sacrifici, però quelli più virtuosi come la Spagna lo hanno fatto e sono stati premiati». Poi l'appello finale: «Amici italiani, se credete di vincere le elezioni dicendo che darete tutto a tutti sarà un disastro. E avremo perso tutti credibilità».

Egregio presidente, premesso che non ricordo di avere amici nella Commissione Europea che si esprimano in questi termini, le vorrei anzitutto mettere a disposizione i dati sull'indebitamento privato dei paesi dell'Eurozona. Per capire quanto valga il debito privato italiano, si può guardare la definizione dellOrganizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), che analizza lindebitamento di imprese e famiglie.

"Si ma che c'entra!"  dirà lei  "La causa di tutto é l'insostenibile debito pubblico, é su quello che dovete agire fannulloni!"

Per quanto coerente con le sue attuali visioni politiche, tale posizione non risulta coerente con i dati e neppure con gli stessi report che giungono né dalla Commissione né dalla Banca Centrale Europea. Con buona pace di irlandesi e spagnoli che a sua detta (ma solo a sua detta) avrebbero invece "fatto riforme più coraggiose e starebbero ora meglio di noi".

Per quanto riguarda la Commissione che lei presiede, già in passato un suo "Fiscal sustainability report" era passato alla storia per aver fatto notare come il nostro debito pubblico fosse il più sostenibile dell'Eurozona intera, e che la nostra eventuale aderenza al c.d. Fiscal Compact PEGGIORASSE questo dato di fatto...
Parlando di dati più recenti, conoscerà senz'altro l'ultimo Quarterly report on the euro area del dicembre 2013. A pagina 13 possiamo leggere cosa i tecnici della Commissione Europea prevedano per l'Eurozona qualora aderisca senza variazioni di sorta alla linea politico-economica attuale da essa stessa dettata:
"On the assumption that the euro area and US forecasts underpinning this scenario prove accurate, the euro area is forecast to end up in 2023 with living standards relative to the US which would be lower than in the mid-1960's. If this was to materialise, euro area living standards (potential GDP per capita) would be at only around 60% of US levels in 2023, with close to 2/3 of the gap in living standards due to lower labour productivity levels, and with the remaining 1/3 due to differences in the utilisation of labour (i.e.) dfferences in hours worked per worker and the employment rate"

Bene, in sostanza IL REPORT UFFICIALE dell'esecutivo UE sul funzionamento dell'intero giocattolo che essa dirige ha rilasciato una previsione secondo cui, stante l'attuale normativa e l'aderenza alle politiche che lei ci "suggerisce" con tanto trasporto, tra una decina d'anni saremo ridotti come nel secondo dopoguerra. Credo ci sia qualcosa che non mi torna nella sua posizione.

Per quanto riguarda la Banca Centrale Europea, vorrei invece ricordarle il discorso del suo vicepresidente Victor Costancio alla conferenza presso la Bank of Greece riguardo “La crisi dell’eurozona”, il 23 Maggio 2013. Lo ascolti per favore...Sulle reali cause della crisi sembra avere le idee molto chiare:

"Penso quindi che, per avere una storia più accurata riguardo le cause della crisi, dobbiamo guardare non solo alle politiche fiscali: gli squilibri si sono originati per lo più nella crescente spesa del settore privato, finanziata dal settore bancario dei paesi debitori e creditori."

Le suggerirei pertanto di ascoltare i tecnici della "sua" banca prima di dispensare saggi consigli. Eviterà di incorrere in "lievi imprecisioni" come questa. E non sto a ricordarle l'ovvietà che ad un'analisi errata del problema non può che corrispondere una soluzione altrettanto errata. Agire sul debito pubblico infatti, magari mediante politiche fiscali di austerità, ci farà soffrire bene che vada per niente.

Poi vorrei dire due parole sulla sua cieca convinzione che l'austerità imposta dalle regole UE sia in qualche modo compatibile con la crescita. O meglio, lascerò che a dirgliele sia il premio nobel per l'economia Krugman, in uno dei suoi ultimi interventi. Dopo aver manifestato di non gradire la sua valutazione della situazione irlandese, unitamente al suo concetto di "riforme di successo", in questo pezzo ci rende edotti sul livello della spesa pubblica e dell'austerità nel vari paesi appartenenti all'Eurozona, e le conseguenze sulla crescita e domanda aggregata nei rispettivi paesi. Eccole (Fonte: Commissione Europea, anni 2009-2013):
Ce la facciamo a capire che la domanda aggregata é proporzionale alla spesa pubblica?
E che l'assenza di domanda é il primo problema delle ns PMI europee (fonte: BCE)
ERGO, aumentare la spesa pubblica salverà aziende e occupazione. Domande?
Non é chiaro? Le spiego. In ascisse vede, a partire da sinistra (sic) gli stati che più hanno tagliato la spesa pubblica di recente. In effetti tra di essi compaiono i suoi beniamini, Irlanda e Spagna, un po' più austeri di noi. Già il fatto che la povera Grecia (il grande successo dell'euro secondo Monti) sia lo stato più austero in solitaria, dovrebbe dirle qualcosa...
In ordinate invece, trova a partire dal basso, le variazioni di domanda aggregata corrispondenti a tale ammontare di spesa pubblica. Come certo saprà, con un export europeo non entusiasmante e i tagli alla spesa pubblica e agli investimenti che ci vengono prescritti, solo la domanda aggregata, ovvero i nostri consumi interni, può portare una qualche crescita del PIL (escludo dal ragionamento la strada della modifica in corsa dei criteri di scrittura del bilancio degli stati membri che l'UE sembra voler perseguire, non mi pare leale suvvia). Questo perché  
PIL=C+I+G+X-M (consumi + investimenti + spesa pubblica + saldo export-import) 

E infatti...
E infatti vediamo che gli stati più devastati sono senza dubbio quelli che più hanno tagliato la spesa pubblica G, G come Grecia, non a caso in testa. Seguono a una certa distanza proprio i suoi beniamini. Apprezzo la sua richiesta di imitarli, ma dopo tutto credo che non lo consiglierò alla nostra classe politica. Chi ha speso di più? Francia e Germania, non a caso i paesi dove i consumi dal 2009 sono cresciuti di più. E ci sarà un motivo, che le sarà chiaro analizzando i loro saldi settoriali. La spesa del settore pubblico infatti si traduce in reddito, in ricchezza, del settore privato. Difficile negarlo vedendo questi dati. Infatti, la correlazione esistente e positiva fra spesa pubblica e consumi é evidente con una semplice interpolazione dei punti sul piano.
Poi certo, questo é un umile dato aggregato, che non ci dice assolutamente nulla sull'equità sociale risultante. Parametro che la capolista Germania potrebbe consigliarle di valutare comunque, come le sue recenti disastrose esperienze le avranno indubbiamente insegnato. Ma certamente, prima di tirare le orecchie alla nostra classe politica per le sue mancanze, lei dovrebbe almeno considerare che per poter criticare un amministratore, é condizione necessaria che questi abbia effettivamente una somma di denaro da amministrare. La Germania ce l'ha (e l'amministra male), noi NO.

Per concludere, anche sulla sua esortazione a "non dare tutto a tutti" non sarei troppo d'accordo. Le farei a tal proposito presente come il governo conservatore di Shinzo Abe, primo ministro giapponese, di fronte agli effetti della crisi mondiale sul suo paese, non abbia concluso nientemeno di dover incrementare la quota salari e la spesa pubblica onde rilanciare occupazione e domanda aggregata. E' certamente una provocazione alla saggezza delle sue politiche, messer Barroso. Perché dubitarne? Certo, se lo stimolo fiscale di 5 trilioni di yen destinati alle tasche dei salariati giapponesi, unito all'Abenomics (che supera a sinistra le politiche monetarie europee di varie lunghezze già adesso) avesse come matematica insegna successo... Temo che qualcuno in più, magari armato di forcone, presto le ricorderà che dopo tutto lei é solo il presidente uscente della nostra amata Commissione...

***

 In conclusione, una precisazione sul pezzo: mi é stato chiesto
 
"Forse bisognerebbe anche considerare il TIPO di spesa pubblica. Infatti parlano sempre di tagliare la Sanità o le pensioni di lavoratori e contribuenti, mentre le enormi prebende e pensioni di politici e loro consulenti non le toccano mai. Poi si potrebbe discutere anche delle spese militari per certe "missioni di Pace" all'estero ecc.   PS. Guardi però che ai vari Commissari europei del tenore di vita degli italiani nel 2023, o anche prima, non glie ne frega niente."

Ed ecco la mia risposta.

Ne convengo, spese diverse hanno effetti moltiplicativi diversi. Una spesa pubblica profondamente rivolta verso l'estero come quella militare avrebbe effetti moltiplicativi sul PIL quasi nulli. In compenso NON sarebbe nullo l'effetto sulla nostra vituperata sovranità, che diminuirebbe ad ogni acquisto. Non così é la spesa per i privilegi della cosiddetta "casta". Per quanto detestabile e assolutamente da tagliare e devolvere a vantaggio di più nobili cause, si parla comunque di soggetti con un'alta propensione al consumo, e i soldi che spendono finiscono per arricchire l'economia nazionale. Una spesa militare estera o una spesa a vantaggio della grande finanza mondiale come quella per interessi sul debito pubblico non hanno invece alcun impatto positivo sull'economia reale nazionale e uniscono il danno E la beffa. 

Sottolinerei anche che l'intero articolo é profondamente ironico. E' indubbio che tutta la documentazione che ho proposto a beneficio dei lettori non sia di alcun interesse per Barroso. A mio parere non l'avrà neppure letta. E' piuttosto evidente, alle lobby industriali/finanziarie dietro l'oligarchia europea, il benessere e l'occupazione del popolo non interessano. Si sta parlando di un conflitto di classe su scala continentale, per quel che ci riguarda. E non possiamo sperare che da tali lobby arrivi il cambio di rotta. Tanto quanto non possiamo sperare che la nostra Confindustria cominci a fare gli interessi dei lavoratori e dei piccoli e medi imprenditori. Se la nostra classe politica si rifiuta di controllare l'italiana Confindustria, come si può sperare nelle condizioni attuali che influenzi la governance UE e lobby a contorno?

E' TASSATIVO ripristinare la superiorità della politica sull'economia, entrando nelle istituzioni a tutti i livelli che ci sarà possibile occupare e ripristinando lo spazio d'azione sovrano del nostro paese, possibilmente in accordo con le altre vittime di questa crisi, a partire dai PIIGS. Solo da ciò potrà venire la controffensiva contro il neoliberismo.

PS. Prossima uscita pubblica di ARS. Martedì 28 gennaio, ore 20 al collegio Einaudi di via Galliari 30 a Torino. Alex Casella di ARS, Diego Fusaro e io intratterremo gli ospiti con le cause della crisi e le nostre risposte :)

Ci vediamo in mischia
Mattia C



3 commenti:

  1. Sono d' accordo con quanto scritto nel post e su appello al popolo. La Costituzione come valore politico, un' alleanza tra lavoratore dipendente e piccolo - medio imprenditore contro il grande capitale e la finanza, un modello di sviluppo basato anche sulla domanda interna e sulla protezione dei salari. L' unico mio dubbio è se ad oggi una strategia di questo tipo interessi anche ai grandi capitalisti italiani, anch' essi parte, se vogliamo " del grande capitale finanziario globale". Non so quanto Marchionne abbia interesse alla nostra proposta politica, credo proprio di no. A livello " grande" serve una politica industriale nazionale con un forte intervento pubblico. E magari, qualche nazionalizzazione se serve :)

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  2. Ho avuto molte discussioni con marxisti internazionalisti, ed al di là di quello che giustamente dici sull'internazionalismo, il problema è che non hanno un modello di società, di sistema economico, che sia operativo, ossia alla mia domanda di come funzionerebbe praticamente il sistema dicono che esso si verrà a definire nel tempo e si limitano a disegnare una società senza moneta, senza mercato senza imprenditori, ed addirittura senza stato! Un qualcosa molto simile ad un "villaggio dei puffi"!

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  3. Sono d'accordissimo con entrambe le vostre osservazioni. Sul fatto che non abbiano idee su come realizzare in pratica il loro modello di società dopo la rivoluzione é presto detto: i tempi tecnici che loro stesso (lotta comunista) prevedono per concretizzare la rivolta sono circa TRENTA anni da ora. Io dico nel duemilaCREDICI...

    Secondo, Paride, concordo assolutamente sul piano industriale TASSATIVO. Un economista come Cesare Pozzi ha operato alcune proposte ma non basta, occorre fare di meglio e pianificarlo attentamente. Marchionne FA parte eccome del grande capitale, così come la ns confindustria, per quanto ne sia un attore secondario. Anche prima dell'euro, non si é mai visto che essa abbia fatto gli interessi dei lavoratori e che abbia mostrato una logica UN MINIMO ungimirante che prevedesse di investire sulle persone. Appena hanno potuto, se ne sono andati, han svenduto asset, han decurtato salari e quant'altro. Confindustria sarà il primo organo su cui agire per far capire che é cambiato il vento.

    Detto ciò, non voglio dire che vadano PUNITE le grandi aziende. Soffrono anche loro dei problemi della ns economia, come l'enorme cuneo fiscale. E non possiamo fare di punto in bianco a meno di loro, visto che gran parte del nostro tessuto di PMI si basa sull'indotto e sul supporto e sulòle forniture delle grandi. Occorrerà aprire un dialogo, imporre vincoli sulla protezione del lavoro ma al tempo stesso metterli davvero in condizione di far impresa in italia. Altrimenti, semplicemente se ne andranno e saran cazzi. Come minaccia ad es. ford in Inghilterra in caso di uscita da UE dell'UK.

    http://vocidallestero.blogspot.it/2014/01/britain-exit-la-ford-minaccia.html

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